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LOLA
(LOLA)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 21 ottobre 1982
 
di Rainer Werner Fassbinder, con Barbara Sukowa, Mario Adorf, Armin Müller-Stahl (Germania Occidentale, 1981)
 
"In attesa di QUERELLE, il film girato nei mesi precedenti l'improvvisa e recente scomparsa del regista tedesco d'avanguardia, le sale ci propongono questa terza parte del trittico dedicato alla donna tedesca (o alla Germania tout court), dopo IL MATRIMONIO DI MARIA BRAUN e LILI MARLENE.

Di LOLA ci siamo occupati nel gennaio scorso: rivisto, e questo vale probabilmente per l'intera opera di Fassbinder, rivela la coerenza di un discorso, e la maturità di uno stile che sfuggirono in parte al pubblico (e a molta critica) quando il regista era ancora in vita. Incorniciato, in apertura e chiusura, da un ritratto di Adenauer, Lola è naturalmente quell'affresco della Germania del nostro tempo che Fassbinder amava ridarci a modo suo. E non sicuramente un remake dell'Angelo Azzurro, in gloria di Dietrich e von Sternberg.

Fassbinder ci racconta una storia da cinema progressista (il funzionario integerrimo che viene sedotto, oltre che da una prostituta, dalla corruzione dello Stato borghese e capitalista): ma cerca di filmarla in modo opposto a come lo avrebbe fatto un regista di cinema "impegnato".

Filtri verdini e arancioni, ninnoli vari nella scenografia, persino dominanti azzurre o rosate che vengono a colorare le pupille dei protagonisti, gli servono per sfuggire al suo nemico più dichiarato: il razionalismo, lo storicismo, la realtà. Per giungere al melodramma: storia d'amore che possa essere recepita da ognuno. Ma storia d'amore che sia anche strumento per un discorso sociale. Come sempre, nel cinema di Fassbinder le vicende private si legano al mondo del quale fanno parte. La coscienza dell'individuo diventa destino collettivo.

Dalla realtà e dal raziocinio, al melodramma e alla favola: ma non per sfuggire nel mondo dei sogni, al contrario...

Per Fassbinder la fuga nel campo dei sentimenti, e quindi dell'Amore è non solo un'utopia. Ma addirittura un inganno, alimentato da chi detiene il potere, per poter governare meglio e condizionare le masse. Così la protagonista di Lola (splendida, come tutte le donne di Fassbinder) Barbara Sukowa, meravigliosamente in equilibrio tra sensibilità e volgarità tra prepotenza fisica e interiorizzazione psicologica) e il funzionario aspirano a perfezionare la propria condizione umana e sociale grazie all'amore. Ma in effetti diventano preda di un gioco più forte di loro, perdendo integrità morale e lucidità. Cinema decadente, sovrabbondanza decorativa, leziosità stilistiche, il solito Fassbinder, si disse. Forse: ma al servizio di un discorso ben preciso. La corruzione estetica diventa sinonimo di corruzione morale. Ed i conti tornano."


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